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Progetto SuperSid



SuperSid (l'acronimo sta per sudden ionospheric disturbance) è il nome del progetto che lo Standford Solar Center promuove dall'inizio degli anni duemila, al fine di  permettere a ricercatori amatoriali sparsi su tutto il globo, di monitorare, seppur indirettamente, l' attività elettromagnetica della nostra stella.Questa attività è legata al ciclo undecennale delle macchie solari e si manifesta normalmente con eruzioni superficiali di macchie , con le spicole , le facole, i filamenti e le protuberanze. A volte, specie verso il massimo di un dato ciclo  ( quindi intorno a 5,5 anni dal suo inizio), si manifestano fenomeni altamente energetici come i brillamenti (o flares) e copiose emissioni di massa coronale (CME). E' pacifico che l'attività solare influenzi a livello chimico-fisico la  vita del pianeta Terra. A cominciare dalla magnetosfera, quell' inviluppo elettromagnetico prodotto dall' effetto dinamo autoinducente che cinge e ripara il nostro pianeta dalle radiazioni cosmiche e al cui interno scorrono correnti influenzate dal vento solare e dalla pressione della sua radiazione. E' in questa regione che le interazioni Terra-Sole promuovono quei fenomeni che si manifestano poi sotto forma di aurore. La magnetosfera terrestre, che contiene due regioni particolarmente intense, note come fasce di Van Allen, viene schiacciata nella parte diurna ed allungata in quella al buio. Da quell'interazione si caratterizza anche le struttura della biosfera planetaria e quindi, seppur in modo non ancora ben chiaro, le condizioni di vita degli organismi che la popolano.




SUPERSID



Lo Stanford Solar Center e vari partners ( come Sara: Society of Amateur Radio Astronomers) hanno messo a punto degli economici monitor, capaci di registrare indirettamente l'evolversi dell'attività solare entro il ciclo di 11 anni. Indirettamente perché gli apparati riceventi ( sostanzialmente dei pre-amplicitatori di segnale audio a basso rumore), messi opportunamente in antenna, sono in grado di tracciare i disturbi che una o più emittenti militari VLF, subiscono nel corso del giorno.
Come noto  con VLF si indica una porzione dello spettro elettromagnetico compresa nell' intervallo 3 Khz - 30 Khz , parte della quale tecnicamente sarebbe da considerare come suono vero e proprio ( 20 Hz-20 Khz). Le potenti stazioni militari, dovendo comunicare coi propri sottomarini in acque nazionali ed internazionali , hanno scelto queste frequenze perché capaci di coprire distanze immense e di penetrare finanche le profondità oceaniche. Nel monitoraggio naturalmente non interessa il segnale modulato, che comunque son sarebbe decifrabile in quanto normalmente criptato ( in FSK a 200 baud). E comunque commetteremmo un illecito che potrebbe metterci in guai seri.. Interessa invece la stessa portante, che dal flusso di energia della nostra stella viene alterata; proprio la natura ed la durata temporale in cui si manifesta questa modifica, ci permette di risalire indirettamente al processo fisico che l'ha prodotta.



Il monitor viene fornito già testato e calibrato; a richiesta vengono inviati anche 200 metri di cavo smaltato, i supporti per realizzare un'idonea antenna ed il cavo coassiale di collegamento al monitor. Questo nel caso si opti per la ricezione della componente
magnetica ( loop antenna) del segnale. La componente elettrica ( mediante antenna di tipo E-field ) fornisce generalmente un segnale migliore e registra fenomeni solari più marcati e risoluti. Per contro risente pesantemente del rumore elettromagnetico di origine umana ( hum) del luogo di ricezione, che quindi dovrebbe essere posizionata in aperta campagna.Cosa però non sembre possibile: il monitoraggio costante e serio dei fenomeni ionosferici richiederebbe la disponibilità di corrente elettrica in luoghi spesso veramente disagiati, oppure la predisposizione di pannello solare e batterie, capaci di alimentare monitor e PC, ed una connessione internet wireless per inviare i dati giornalieri al Solar Center o sul proprio sito via ftp.Come molti caciatori delle VLF qui a Masera è stato sperimentato di conseguenza un loop magnetico, che è anche costruttivamente più semplice. Si tratta di un cavo avvolto in un cero numero di spire attorno ad un telaio di qualunque forma e collegato ad una basetta a cui giungono anche il centrale e la calza del cavo coassiale. Tutto molto semplice. La teoria e l' esperienza maturata sul campo dicono che a parità di lunghezza del filo d'antenna, quanto più ampio è il loop tanto migliore sarà in teoria anche la ricezione rispetto allo scenario opposto: numero maggiore di avvolgimenti su di un telaio più piccolo. Anche l'aumento della lunghezza d'antenna è benefica, ma fino ad un certo punto, superato il quale la ricezione inizia a degradare a causa dell' intollerabile aumento anche dell' impedenza.


EMISSIONI SOLARI



Oltre ai neutrini (le uniche particelle che provengono direttamente dal nucleo), la nostra stella emette costantemente nello spazio circostante  (eliosfera) un flusso di materia ed energia, sotto forma prevalente di vento solare, emissioni di massa coronale e brillamenti.Complessivamente tale flusso interessa un'ampia gamma dello spettro elettromagnetico, dalle onde radio ai raggi gamma. Col "Sole quieto" questi fenomeni si inquadrano come radiazione da corpo nero. Il Sole si comporta cioè come un quasi perfetto radiatore plankiano, raggiante alla temperatura di 5780 kelvin. Ma esso, quando è "attivo" emette anche radiazione di tipo non termico ( radiazione da sincrotrone e di frenamento). Nel corso delle tempeste magnetiche tutte queste emissioni inondano la magnetosfera terrestre, incanalandosi nelle linee di forza del campo magnetico, e regalando splendide aurore boreali.  I livelli energetici in gioco possono essere tali da alimentare varie problematiche per gli astronauti in orbita, alle telecomunicazioni e all'integrità delle centrali elettriche del pianeta, che in alcuni casi hanno lasciato al buio per qualche ora intere città come Los Angeles. Fondamentalmente le emissioni di materia che attivano le alterazioni ionosferiche monitorate dal progetto , sono conseguenza di emissioni di massa coronale (CME) o di brillamenti. Le prime sono di natura particellare: un plasma di elettroni e protoni che, lanciato dal campo magnetico della corona, impiega circa 72 ore per raggiungere la magnetosfera della Terra ( in alcuni casi è però bastata qualche ora). Per il loro monitoraggio occorrono però strumenti più sofisticati come i coronografi sui satelli in orbita o i magnetometri al suolo. I brillamenti sono tremende ed impulsive eruzioni di energia ( anche termica a 5 milioni di gradi kelvin) e di particelle ( come nel caso delle CME), rilasciate dalla fotosfera nelle zone intorno alle macchie solari, in occasione del ricongiungimento delle linee di forza del campo magnetico. Essendo il Sole un corpo gassoso, la sua rotazione non è uniforme a tutte le latitutdini ma differenziale. Ne consegue che, a causa della rotazione, le linee del suo campo magnetico si attorcigliano, intrappolando depositi di energia prodotta attraverso meccanismi legati al ciclo undecennale delle macchie solari. E' quando la barriera elettronica si rompe, che il rilascio istantaneo di tale immensa energia e di particelle cariche, si concretizza nei brillamenti. Negli spettrogrammi è bene evidente come queste eruzioni raggiungano  la massima intensità in una frazione di secondo ( picchi che come osservato dai satellito GOES e SOHO, possono mantenersi tali fino a 5 ore), per poi ridiscendere gradualmente al livello di fondo. L'andamento grafico che si delinea è comune a molti fenomeni naturali e viene definito "a pinna di squalo". Fino a qualche decennio fa gli scienziati ritenevano che la maggior parte della materia solare provenisse dai brillamenti e che fossero questi a dar luogo alle CME, scoperte successivamente. Oggi sappiamo che i due fenomeni, pur potendo presentarsi contestualmente, sono fisicamente disgiunti. Se è indiscutibile che una immane quantità di energia sia addensata nel campo magnetico solare nei pressi delle macchie solari, non esiste però ancora una teoria generalmente accettata che spieghi il processo di emissione dei flares. A noi interessano solo i brillamenti sotto forma di energia.Da questo punto di vista abbiamo la seguente classificazione:


Classificazione dei Brillamenti solari


Si misura l'intensità  ( I ) deI picchi
  di energia nella banda dei raggi X in un intervallo tra 1 e 8 Angstrom :


Classi                                                             Segnale
                                                           ( Watt/metri^2)                       
B                             I < 1.0 × 10–6
C                            1.0 × 10–6 <= I <= 1.0 × 10–5
M                            1.0 × 10–5 <= I <= 1.0 × 10–4
X                             I >= 1.0 × 10–4
Ogni categoria è ulteriormente divisa in nove sottoclassi, da 1 a 9.
Un evento  caratterizzato da 6 X 10-5 watts/metri^2, si indica quindi  come: M6
Le classi B e C sono poco interessanti anche per apparati professionali.
ll satellite  non è in grado di ricevere
oltre i 10^-2 watts/metri^2 ,

cioè di un  brillamento X-20



Il monitor SUPERSID possiede una risoluzione tale da consentire la raccolta dei più
energetici flussi M e di tutti quelli di tipo X.

La classi B e C sono le più ricorrenti e le meno intense, anche se le seconde possono a volte guadagnare una certa importanza. Il monitor proposto dallo Stanford non è in grado di registrare eventi di tipo B ma può ricevere flares a partire dal tipo C 2.0. I brillamenti di tipo M, seppur piuttosto rari, sono energetici e appariscenti nel tracciato SID. Infine quelli ancora più rari di classe X possono danneggiare le comunicazioni cellulari , le reti elettriche, i satelliti in orbita e mettere seriamente in pericolo l'incolumità degli astronauti . L'immagine che segue è significativa. Nello spettrogramma SID, i brillamenti si lasciano individuare attraverso un innalzamento istantaneo e quindi quasi verticale del segnale VLF , il mantenimento di un plateau temporalmente prolungato quando la durata del picco di produzione energetica e la graduale ridiscesa dell'onda ai valori ordinari di fondo.







Il 4 Novembre del 2003 la nostra stella ha prodotto quello che ad oggi è il  più potente rilascio impulsivo di energia mai registrato; era un brillamento di classe X ed un contestuale CME che lasciò la superficie solare a più di 8 milioni di chilometri al secondo. L'emissione riuscì addirittura a saturare i sensori a raggi X dei satelli . Di conseguenza fu solo possibile una stima dell' esatta dimensione dell' evento, che fu poi classificato come X25. Ma successivamente un team di ricercatori dell' università di Otago, in Nuova Zelanda, sulla base di una radio-analisi nelle VLF incentrata sulle alterazioni verificatesi quel giorno nell'alta ionisfera terrestre sopra il Pacifico, ha prospettato una portata ancora maggiore, che potrebbe attestarsi al livello X45!. Il ragionamento proposto dagli scienziati è molto interessante, anche nell' ottica dell' analisi SID amatoriale : essi affermarono che una grandiosa emissione di raggi X, rafforza la ionosfera facendo diminuire l'altitudine degli strati inferiori di questa. Quest'ultima circonstanza a sua volta influenza la fase di polarizzazione delle trasmissioni VLF, di un' entità proporzionale al numero di chilometri di cui la ionosfera si è abbassata. Nell' analisi dei dati prodotti con i nostri ricevitori VLF amatoriali, ci si può imbattere in apparenti anomalie, che tali non sono alla luce delle argomentazioni appena proposte. Capita infatti di monitorare due stazioni che registrano lo stesso brillamento. Una presenta il tipo andamento prima descritto, mentre l'altra ne manifesta uno di segno opposto, caratterizzato cioè da un abbassamento della soglia del segnale. Ciò si verifica a causa della differenza di fase che può caratterizzare il percorso ionosferico tra la stazione emittente ed il ricevitore; nel secondo caso opera quindi un meccanismo di interferenza distruttiva. Fortunatamente non tutta l'energia rilasciata raggiunse la Terra, ma si disperse più o meno uniformemente nello spazio interstellare..



 


LA IONOSFERA



Come l'immagine chiarisce, la ionosfera è quello strato di atmosfera terrestre estesa a partire da circa 65 Km di altezza , caratterizzata dalla dissociazione atomica in nuclei ed elettroni, che come un plasma si riassociano poi liberamente e fluiscono generando correnti elettriche. La dissociazione è prodotta dai raggi X e dagli ultravioletti particolarmente energici emessi dal Sole. La notte le particelle si ricombinano in maniera marcata, anche se persistono dei tenui processi dissociativi alimentati da raggi cosmici, lampi di raggi gamma ed altri fenomeni di origina galattica ed extragalattica. L'immagine mostra anche che la ionosfera durante le 24 ore si modifica strutturalmente quanto a densità elettronica.






In particolare durante il giorno essa si stratifica nei livelli D, E, F1 e F2 . Il livello G, scoperto non da molto, è di scarso interesse. In questo contesto, il segnale VLF di una lontana emittente passa attraverso lo strado D da cui è attenuato e si infrange prevalentemente su E che ne opera nuovamente il rimbalzo verso la superficie ( anche più volte, così che lo stesso può
giungere in tempi diversi).
Quel segnale si propaga naturalmente anche per onda terrestre, ma il suolo ed i fenomeni atmosferici lo attenuano quasi totalmente sulle lunghe distanze. Monitorando allora una o più stazioni in ore diurne, avremo un segnale ricevuto dal rimbalzo in E ed attenuato dal passaggio in D. Quando però la nostra stella emette alte energie sotto forma di brillamenti, lo strato D viene addensato a tal punto da operare esso stesso un' efficace riflessione: il segnale sale allora repentinamente di intensità per poi ridiscendere più gradualmente, lasciando nel tracciato giornaliero dell' emittente monitorata, l'inconfondibile andamento a pinna di squalo. L'immagine sotto mostra che durante la notte, terminata la ionizzazione solare, gli strati D ed E spariscono mentre F1 e F2 si riducono ad un solo strato riflettente, alimentato debolmente dai raggi cosmici. Il segnale diventa molto intenso perché non vi è più attenuazione da parte degli strati sottostanti. Le condizioni di propagazione ionosferica sono accuratamente valutate anche dai radioamatori che si interessano nella trasmissione e ricezione a lunga distanza (DX). Di giorno sono generalmente aperte le bande da 20 metri a 10 metri di lumghezza d'onda. La notte anche quelle da 160 a 50 metri. Mentre i segnali sulla banda VHF dei 2 metri, molto impiegata tra gli appassionati, non possono beneficiare di questo tipo di onda guida in quanto fortemente assorbiti.


L'IMPRONTA ALBA/TRAMONTO


Al momento del sorgere del sole, la sua radiazione colpisce la ionosfera prima del suolo, al tramonto la luce continua a raggiungerla anche dopo che nella località di ricezione è già sotto l'orizzonte. Al momento dell' alba e del tramonto, il monitor registra quindi l' effetto prodotto dal rimbalzo delle VLF ionosferiche lungo tutto il cammino dalla stazione emittente a quella di ricezione, cioè il processo di transizione che inteviene quando la radiazione solare, ionizzando istantaneamente la ionosfera, spazza il percorso tra le due stazioni. Il terminatore dell'alba e del tramonto impiega più tempo a spazzare tale cammmino, quindi la durata della marcatura è legata anche alla distanza in longitudine tra le stazioni: se esse sono separate lungo la direzione nord-sud l'effetto alba/tramonto sarà più netto e ben definito nel grafico, e la transizione sarà più rapida.Nel caso di separazione in longitudine, più lenta. Anche la latitudine è importante in quanto all' equatore il dì ha sempre la stessa durata della notte e le variazioni dell l'altezza del sole sul piano dell' orizzonte equatoriale, sono contenute in 23°27' (tale è l'inclinazione dell' equatore celeste sull'eclittica), tra 90° e 66°33', la metà di quanto non avvenga in ogni altro luogo della Terra. A latitudini diverse la lunghezza del di' è invece ovviamente legata alle stagioni.







SID E SES



In molte trattazioni, l'effetto dei brillamenti solari viene descritto in termini di SID. Il termine può essere fuorviante e se associato ad ogni disturbo prodotto sulle onde elettromagnetiche, anche erroneo. Infatti l'esacerbazione di un segnale VLF a causa di meccanismi innescati dalla nostra stella, dovrebbe essere definita SES ( Sudden Enhancement of Signal), mentre col l'espressione SID si dovrebbe fare riferimento ai casi in cui l'attività solare produce l' indebolimento o addirittura la cancellazione del segnale stesso. I fotoni UV ed X, oltre alla ionizzazione ionosferica, fanno aumentare l'gitazione termica e quindi il numero di collisioni delle particelle atmosferiche.Durante i brillamenti, lo strato D diventa riflettente e tanto più in basso avviene tale riflessione, tanto maggiore risulta il numero di collisioni.Questo stato di cose può dare luogo ad interferenza distruttiva;


In generale, se due onde della stessa frequenza sono in fase, esse si sommano producendo interferenza (costruttiva).
L' ampiezza risultante diventa la somma algebrica delle singole ampiezze.

Se esse non sono in fase, i picchi positivi e negativi non coincidono, mentre l'ampiezza andrà calcolata sommando in ogni punto le ampiezze istantanee del segnale. Caso limite, quando la sfasatura ha periodicità π , sono le onde in controfase. Qui sarà  la differenza delle ampiezze massime a caratterizzare la radiazione risultante. E' evidente che onde in confrofase di pari ampiezza si annulleranno totalmente tra loro.Questo fenomeno vale per qualsiasi tipo di onda elettromagnetica, meccanica o acustica. E lo si può sperimentare anche nei gabinetti di fisica ove le onde acustiche, prodotte in particolari condizioni, generano il silenzio.

In ambito SID, se sfasate, le onde arrivano alla stazione VLF ricevente  indeboite, se in controfase genereranno il silenio elettromagnatico ed il grafico mostrerà un deciso avvallamento temporalmente perdurante quanto il brillamento che lo ha prodotto. E' solo in questa prospettiva che occorrerebbe propriamente parlare di fenomeni  SID.



IL MAGICO MONDO DELLE ONDE VLF




 Nello spettro elettromagnetico, le radiazioni comprese tra i 3 ed i 30 Khz (e lunghezze d'onda fino a 100 chilometri!) vengono definite VLF ( very low frequencies).Per loro natura esse si prestano a coprire lunghe distanze e a veicolare dati codificati  ma non a portare segnali in fonia.Sono state in origine impiegate nelle comnicazioni radiotelegrafiche transoceaniche, come segnali di tempo, come beacons per la radionavigazione e data la loro capacità di penetrare le acque ( fino a circa 50 metri di profondità), per diffondere servizi militari a lunga distanza , in molti casi diretti ai sottomarini.Si diffondono efficacemente per onda terrestre, sfruttando la curvatura della superficie terrestre.La larghezza di banda che può essere impiegata senza subire interferenze è però molto esigua e si attesta in qualche decina di hertz.Data però l'esigua attenuazione subita ( meno di 3 dB su 1000 chilometri percorsi),il loro mezzo di diffusione più proficuo è l'onda guida canalizzata tra la superficie del nostro pianeta e la bassa ionosfera, che ne impedisce la dispersione nello spazio esterno. Tra gli strati D ed F della ionosfera, da circa 65 chilometri di altezza dal suolo, la riflessione è così efficace da generare un percorso a zigzag che le fa rimbalzare più volte verso la Terra.A causa della bassa resistenza di radiazione, la trasmissione di segnali VLF ha però un rendimento molto basso e fino al 50% della potenza impiegata può disperdersi presso la stessa stazione emittente.E' per questa ragione che le emittendi VLF sono costutite da immensi sistemi radianti dalla potenza dell' ordine del megawatt e da antenne filari sostenute da tralicci molto estesi ed elevati.Molto diffuso divenne dalla metà del Novecento il loro impiego da parte dei beacons dei sistemi di posizionamento aria-acqua, che sfruttavano il principio della comparazione di fase dei segnali. In questo senso sono famosi il sistema russo di radio-navigazione iperbolica alpha ( RSDN-20) e quello impiegato dall'aviazione della controparte americana, chiamato Omega.Le funzioni di posizionamento oggi sono principalmente demandate al sistema GPS, anche se RSDN pare ancora in esercizio e questo non stupisce più di tanto: è infatti vero che il mantenimento di tali strutture ha costi elevatissimi,ma essendo la rete GPS in mano agli USA, i pragmatici russi vogliono mantenere un sistema autonomo e sostanzialmente ancora sicuro, cui vare riferimento in caso di esigenze belliche. Le VLF sono ancora usate per le trasmissioni del segnale di tempo, irradiate in VLF da stazioni che grazie ad accuratissimi orologi atomici e trasmettitori stabilissimi in frequenza, irradiavano un vero e proprio segnale campione.

Tra di esse, una delle prime fu l'americana WWVL, che dal 1963 al 1972 usò le VLF in FSK per trasmettere il suddetto segnale.Oggi sono ancora attive le stazioni beta russe ( anche se la loro attività è incostante), quella di Teddington ( MSF, operante a 60 Khz) in Gran Bretagna e quella di Mainflingen (DCF 77,operante a 77.5 Khz) in Germania.E' infine molto famosa la stazione svedese di Grimeton situata vicino a Varberg,nella contea di Halland ( nome in codice SAQ, operante in CW A 17,2 Khz). La sua storia è molto affascinante: tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, la forte emigrazione di manodopera svedese verso gli Stati Uniti, suggerì l'idea di realizzare nel 1923 un'emittente ricevibile dai connazionali di oltre oceano. E ciò naturlamente al fine di permettere loro di mantenere i contatti con la madrepatria e di ricevere le news da quel meraviglioso lembo scandinavo. L'impianto avrebbe più in generale soddisfatto la crescente necessità di comunicazioni commerciali in radio telegrafia. Rimase in funzione fino agli anni 50' del Novecento per quanto riguarda le comunicazioni civili, ma servì anche come faro militare per i somemrgibili fino al 1996. Negli anni sessanta fu installata una seconda trasmittente valvolare operante a 40 Khz. La stazione merita una visita sia  per il retaggio che porta con sé, sia per il magnifico stato di conservazione di tutti gli elementi della filiera componentistica cha la mandano in etere (l'impianto è totalmente elettro-meccanico, senza alcuna componente elettronica). Il cuore del sistema è costituito dal motore asincrono, dal gruppo di trasmissione con elevazione giri motore, dal reostato e soprattutto dal meraviglioso alternatore di Alexanderson (oggi unico esemplare funzionante al mondo). Completano il trasmettitore l'adattatore d'antenna ed il sistema radiante, composto da 6 pali di acciaio alti 127 metri tra cui corrono i cavi. In alcune occasioni la trasmittente ( quella originale a 17.2 Khz) viene magicamente riattivata, e preannunciato dal frastuono del motore in accelerazione, un fascinoso modo di vivere ormai dimenticato se ne esce dalle tenebre e si diffonde sotto forma di ronzio elettromagnetico che irradia in tutto il mondo un onda continua di auguri e speranza per l'umanità. Questo si verifica almeno due volte l'anno: la vigilia di Natale ed un giorno domenicale intorno alla data di nascita dell' ingegner Alexanderson ( Alexanderson's day, ricorrente in Giugno).Il prossimo messaggio, che si dice in Europa sia ricevibile senza troppi sforzi, sarà irradiato per due volte, domenica 3 Luglio 2016.


Una menzione a parte merita il progetto operato in Alaska da Navy ed Air Force e denominato  "High Frequency Active Auroral Research Program" o HAARP. Finanziato dal Senato degli Stati Uniti, HAARP era ufficialmente finalizzato alla ricerca applicata (comunicazione coi sottomarini,come nei casi già visti, ma utilizzando le onde ELF-extremely low trequencies) e a quella di universitaria di base sulla propagazione ionosferica.Anche ai privati fu permesso di eseguire studi per finalità commerciale e promozionale ( ricerca di forme di broadcast innovative). La natura del luogo dell' installazione, del resto, favoriva egregiamente la propagazione ionosferica delle onde radio.Molto è stato congetturato sulle "reali" finalità di questa attività: controllo del clima, attivazione di eventi sismici, controllo della mente,produzione di scie chimiche e chi più ne ha...Ma l'immensa emissione complessivamente radiabile dalle 180 antenne che compongono la struttura, pari a 3,6 milioni di watt ( 70.000 volte maggiore di quella proveniente da Cutler), colpirebbe un'area ionosferica di una cinquantina di chilometri, cosa che ridurrebbe la densità di emissione ad appena qualche centesimo di watt.Non risulta inoltre che tale radiazione possa essere in alcun modo mantenuta entro un fascio ristretto.Grazie a questa ed altre stringenti ragioni, gli scienziati ribadiscono che nessuna tesi cospirazionista abbia mai retto ad un vaglio critico.Il complesso è stato chiuso dal Congresso nel 2013, a causa della mancanza di fondi.Attulamente nel mondo sono ancora attivi progetti simili: uno installato sempre in Alaska, gli altri in Norvegia, Russia e Porto Rico.



Oltre alle emissioni manmade ( cioé prodotte dall' uomo), di cui la più decisiva ( e dannosa per ogni programma di ricerca) manifestazione è l' hum, ossia il rumore di rete a 50 Hz (  60 Hz negli Usa), le VLF sono anche il regno della cosiddetta "radio natura", cioè dei fenomeni naturali, dai meccanismi spesso ancora non ben compresi, che lasciano la loro impronta proprio in questa regione elettromagnetica: sferiche, tweaks, whistlers, cori aurorali, sono termini ben noti tra gli appassionati cacciatori di queste emissioni a volte percepibili in fonia. Altre, come le risonanze di Schumann, o quelle che probabilmente si inquadrano come precursori sismici, si  rivelano addirittura giù nelle  ELF ( extremely low frequencies, che sono usate anche per le comunicazioni con sottomarini in profondità) e sono quindi inascoltabili dall' uomo ma solo tracciabili come impronta dello spettrogramma.Nelle VLF si stanno da ultimo compiendo innovativi ed accurati studi diretti della composizione della magnetosfera terrestre e dei fenomeni transienti in atmosfera (TLE, che qui a Masera monitoriamo nell' ambito della nostra partecipazione alla rete ottica IMTN). Anche le scie ionizzate prodotte dal passaggio in atmosfera delle meteore, pare si avvertano a queste lunghezze d'onda.


Tornando alla detenzione dei disturbi ionosferici di origine solare, a questo link si può consultare l'elenco completo e aggiornato delle stazioni militari impiegabili al fine del monitoraggio.




STAZIONI EMITTENTI

Il progetto SuperSid, a differenza di altri proposti in bassato dagli stessi enti, permette di monitorare un numero indefinito di stazioni militari, che osservate per un certo periodo, si rivelino proficuamente selezionabili per il nostro scopo.Alcune di queste, senza preavviso ( naturalmente, trattandosi di servizi militari), vengono spente in alcune ore per manutenzione o per economicizzare sui costi notevoli richiesti per mantenere in servizio queste immani strutture.Altre migrano su diverse frequenze rispetto a quelle comunemente note. Per questo, una volta approntata la stazione di monitoraggio, occorre un periodo valutativo.L'immagine che segue riporta FFT ( Fast Fourir Transform) e waterfall prodotte dal software Spectrim Lab,


e relative ad alcune emittenti il cui segnale sembrava stabile nel tempo.L'analisi è di circa un anno fa, ma nell'estate 2016, solo l'emittente FTA pare fornire una trasmissione affidabile ed è quindi stata quindi da noi adottata come segnale di riferimento principale.Esa è situata a Saint Assise in Francia e trasmette a 20,9 Khz.DHO 38, localizzata a Rhauderfehn in Germania, trasmette un segnale intenso solo nelle opere notturne.


Mentre la stazione NAA e basata a Cutler,nel Maine degli Stati Uniti, nonostante con i suoi 1.8 megawatt di potenza sia la più maggiore emittente del mondo, qui non viene più ricevuta bene.


A sinistra:Cutler (NAA).L'emittente militare VLF del Maine ( USA) è la più potente del mondo.Irradia più di 1000 Kw alla frequenza di 24 Khz. Fonte immagine: Wikipedia.A destra: Saint' Assise ( FTA).La stazione francese emette a 20.9 Khz. Il suo segnale viene ricevuto in modo molto intenso e continuativo dal nord Italia.Fonte immagine: Rrouyalamouche © Tutti i diritti riservati.


HARDWARE




Come anticipato, l'antenna più adatta alla maggior parte delle situazioni è un loop magnetico (H-field) in aria, che capta la componente magnetica dell'onda di una stazione VLF e la traduce in una debole corrente elettrica, dell' ordine di qualche decimo di milli-volts.Tale antenna, costruttivamente molto più semplice e meno rumorosa rispetto ad una che intercetti la componente elettrica (E-field), è sostanzialmente un circuito risonante di tipo LC (induttanza-capacitanza).L'induttanza è prodotta dal loop del filo, la capacitanza dalla superficie metallica dell' avvolgimento che viene a giacere parallelamente allo stesso loop.Pur essendo reperibile con facilità un po ovunque,a richiesta lo Stanford fornisce 200 metri di filo smaltato giallo nel kit. Successivamente, per potenziare il segnale, è stata aumentata l'area utile con l'inserimento in linea di un ulteriore cavo a 4 vie da 20 metri ( quindi 80 metri complessivi in più). L'intensità del segnale è migliorata ma, coerentemente col ragionamento che segue, non come ci si potrebbe aspettare.
Ogni cavo induce una resistenza proporzionale alla sua lunghezza, trascurabile entro i 200 metri di avvolgimento.Per potenziare la ricezione si può aumentare l'area del telaio, il numero di spire o entrambe ( con un cavo più lungo).Aumentando il numero si avvolgimenti aumentano anche la capacitanza, cosa che fa abbassare la frequenza risonante, e la resistenza del cavo, con perdita di ampiezza del segnale.E' quindi preferibile avere un' antenna più estesa e con minori avvolgimenti.Una morsettiera connette le due estremità del filo d'antenna con il centrale e la calza del cavo di connessione ( non ha importanza come li accoppiamo); il sistema, come in genere avviene in ambito radiantistico e a differenza dei sistemi televisivi, è pensato per lavorare con impedenza di 50 ohm.Il cavo RG 58-U,
fornito nel kit, si caratterizza proprio con tale impedenza.Il connettore previsto è di tipo BNC: maschio sul cavo, femmina da pannello sul ricevitore.Lo Stanford fornisce anche questo.Se per qualsiasi ragione ce lo procuriamo noi, attenzione che ( io non lo sapevo) esistono sia BNC da 50 ohm che da 75 ohm.

In ogni caso,la tenue corrente raccolta verrà amplificata centinaia di volte dal ricevitore ed inviata alla scheda audio del PC per essere digitalizzata.



Detto sommariamente dell' antenna, il cui comportamento fisico è rassunto dall'immagine a lato, veniamo al ricevitore.

Un ricevitore VLF, per lo meno nella sua composizione basilare, è in sostanza un pre-amplificatore audio che può essere progettato e costruito in proprio. aAlcuni enti ed associazioni forniscono delgli strumenti già pronti. Oltre a quello dello Staford Solar Center, merita menzione il progetto anglosassone dalla UK Radio Astronomy Association ( UKRAA), che fornisce il monitor assemblato o in kit, il frame d'antenna ed altro hardware di sintonia del sistema. La NASA distribuisce in kit il ricevitore INSPIRE VLF-3 e quello del progetto Radio Jove.Quest'ultimo, per quanto rivolto primariamente alla detenzione delle emissioni da sincrotrone gioviane (burst), può essere impiegato per ricerca solare ( allestendo uno solo dei due dipoli a mezz'onda con cui dovrebbe lavorare il ricevitore in configurazione gioviana).Infine ad un livello complessità e di impiego economico superiore, si colloca e-Callisto, la rete di monitoraggio di spettrometria solare.




Supersid consiste in uno scatolotto simile a quello che un tempo conteneva il lucido per scarpe o le mentine.L'elettronica è tutta qui dentro ; ma i risultati scientifici che possono essere ottenuti, ci si creda o no, sono di tutto rispetto. Il segnale,una volta amplificato dagli stadi del monitor, tramite cavo stereo schermato terminato da un jack da 3,5'', deve essere inviato ad un convertitore analogico digitale. Il più elementare è naturalmente la scheda audio del PC. Fino a non molti anni fa, occorreva ricorrere a multimetri digitali o sofisticati data logger. Questi ultimi, sono ancora utili per studi sul campo, in assenza di corrente elettrica e senza l'ingombro del PC. Sono però in genere costosi e caratterizzati da larghezza di banda limitata. Sebbene alcuni vecchi eleboratori imbarchino ancora schede audio con frequenza di campionamento a 48000 campioni al secondo, ormai è la norma possedere, anche senza saperlo, una scheda HD con sample rate di 96000. Dato che, in virtù del noto teorema di Nyquist-Shannon, la banda passante è la metà della frequenza di campionamento, avremo a disposizione un untervallo di 48 Khz, entro cui cercare le emittenti più adatte allo scopo. Anche 24 Khz sarebbero comunque sufficienti; almeno per quanto riguarda le maggiori emittenti attive in Europa, che non irradiano in prevalenza oltre tale soglia. Anche in questo caso visualizzeremmo  nel plot del software,un buon numero di emittenti. Quanto alla risoluzione del campionamento, la maggior parte delle schede in commercio lavorano almeno a 16 bit.Comparando l'andamento del segnale per qualche giorno, potremo scegliere le emittenti più ideonee.


Plot dello spettro istantaneo di SuperSID con andamento del segnale di alcune emittenti militari, del rumore di rete e di alcune emissioni non individuate.La registrazione è del 2014.Due anni dopo, solo FTA sembra garantire una certa affidabilità..

 Il software fornito col cd rom è di tipo portable e non va installato ma copiato ( preferibilmente nella root) ed eseguito; una versione più recente e aggiornata, resa disponibile sul web, va invece installata.In ogni caso avremo la seguente struttura:




Code contiene il codice per rappresentare lo spettro di frequenza ed il plot.
Config contiene il file di configurazione, che va previamente editato.Si può semplicemente usare blocco note di Windows.
Data contiene le registrazioni giornaliere.
Doc contiene la documentazione di supporto.
Program, oltre alle varie librerie, contiene l'eseguibile del programma, un file chiamato supersid, che può essere linkato sul desktop.Il file supersid_plot permette la visualizzazione del grafico dei records contenuti in Data. Ma esso deve essere chiamato col menù  Plot del programma di cattur aperto, e quindi con la registrazione in corso.Mentre il click sull'icona non ha effetto.




Verificato dal pannello di controllo di Windows che la scheda audio lavora alla corretta frequenza nominale, e riscontrata la presenza di spikes VLF nel waterfall di SpectrumLab, siamo pronti a registrare il primo tracciato giornaliero.Esso ci dirà se il monitor funziona o se al contrario le componenti impulsive delle sorgenti di rumore (specie la corrente di rete  e le sue armoniche), difficilmente eliminabili lavorando a queste frequenze, siano tollerabili o tali da seppellire o quanto meno mascherare il segnale utile, con componenti impulsive e le armoniche. In particolare , in 24 ore di grafico, dovremmo avere questo andamento: segnale alto di notte ( ma a volte frastagliato dalle statiche di fulmini anche lontani) , più basso e relativamente costante di giorno ( a meno di brillamenti ) ed un tipico  regime di transizione notte-giorno, giorno-notte. Consulatando records di altre stazioni, compresa quella dello Stanford, ho notato che l'andamento notturno può essere diverso da quella descritto; credo ciò dipenda, tra l'altro, dalle condizioni meteo che possono ostacolare la ricezione VLF o dal fatto che il rumore di fondo potrebbe essere notevole durante il giorno, ed assestarsi di notte, cessate gran parte delle attività umane, a livelli minori di dB.Due condizioni dimostrano inequivocabilmente  che il monitor funziona: come anticipato, una riguarda le impronte dell'alba e del tramonto lasciate nel grafico.



L'altra la ripetibilità di risposta della stazione ricevente allo scenario osservato.Cosa che sembra sia soddisfatta dai nostri ascolti effettuati da Masera.L'immagine seguente è relativa al monitoraggio di 5 giorni consecutivi di FTA.





Nella cartella Config è contenuto il relativo file, che va opportunamente configurato prima di iniziare l'attività di monitoraggio SID. In ambito Windows il file, editabile con qualsiasi editor di testo come Blocco Note o WordPad, è relativamente snello.In Linux, come vedremo, occorre definire alcuni parametri ulteriori.

[PARAMETERS]

site_name =  attribuito dallo Stanford al momento dell'ordine dle kit o scelto dall'utente: 20 caratteri massimi, senza spazi.
contact = email di riferimento
longitude =
latitude   =
hourly_save = opzionale per salvataggio orario, variabili Yes e No
data_path = la directory in cui confluiscono i salvataggi
utc_offset = differenza oraria dal Tempo Universale. Per l'Italia (+) 1:00 con ora legale e (+) 2 con quella solare.
time_zone = Zona oraria. Per noi è CEST ( Central Europe Summer Time) d'estate o CET d'inverno. Elenco mondiale qui.
monitor_id = identificativo fornito dallo Stanford, è stampigliato anche sul monitor.
audio_sampling_rate = 96000 hz o 48000 hz. Le vecchie schede audio AC97, in forza del teorema di Nyquist-Shannon, possono campionare solo fino a
24 kHz e ciò basta per ricevere le stazioni VLF d'Europa.Con l'audio HD è ormai normale arrivare a 48 KHz. E' importante configurare correttamente questo parametro per evitare errori di campionamento. Per le stazioni VLF Americane, allocate in massima parte oltre i 20 KHz, è necessario disporre di una scheda HD.
log_interval =  intervallo di registrazione del segnale nel file di log.Valore tipico: 5 (secondi).
log_format = 2 opzioni: sid_format per registrare un file per ogni stazione o supersid_format per un file unico.
log_type = filtered. Essendo filtrati i dat sono più puliti in quanto viene rimosso il rumore transitorio.
scaling_factor =XXX. Se si vuole riscalare i dati provenineti dal dispositivo A/D. Con 1 i dati non vengono riscalati.
plot_offset = X visualizza i dati nell' orario locale anziché in UTC
automatic_upload = Invio automatico
alle ore 24 UTC dei dati al server dello Stanford
. Variabili yes o no.
ftp_server = sid-ftp.stanford.edu   Indirizzo server ftp dell Stanford.
ftp_directory = /incoming/SuperSID/  Percorso del server ftp dellp Stanford.
number_of_stations = N. Indicare numero stazioni monitorate
Configurazione delle stazioni:
[STATION_1]
call_sign = XXX Identificativo emittente VLF
color = r  Colore della traccia sul grafico. Sotto uno schema dei primi 8 colori.
frequency = 15900 Frequenza VLF in Hz
[STATION_2]
...........
...........
...........

Lo schema colori basico :
c
 ciano
m
magenta
y
giallo
r
rosso
g
verde
b
azzurro
w
bianco
k
nero

Oltre al software rilasciato dallo Stanford, l'analisi dei dati può essere condotta con almeno altri due programmi dedicati: il SID Data Grabber ed il VLF Receiver Toolkit. Il secondo, essendo una suite di applicazioni pensata per l'ambiente linux, verrà richiamato brevemente a proposito dell'impiego del Raspberry PI3.


SID Data Grabber


Si tratta di un' applicazione di tipo eseguibile sviluppata George Silvis per conto dell' AAVSO, American Association of Variable Star Observers, che ha una sezione dedicata agli studi di meteorologia spaziale. Con essa si possono visualizzare e zoommare i grafici giornalieri delle stazioni oggetto di monitoraggio e cosa molto utile, preparare ed ordinare i report giornalieri  ottenuti per mezzo del ricevitore SID dello Stanford.
La versione attuale (Giungno 2016) è la 1.11 ed in essa è stato corretto un piccolo problema di formattazione delle coordinate geografiche ( gradi e decimali dovevano essere erroneamente separati dalla virgola invece che dal punto, richiesto invece nel file di configurazione SUPERSID ) , da me segnalato a Silvis. Anche attraverso queste righe vogliamo esprimergli il nostro ringraziamento.





  I files salvati dal software SuperSID possono essere analizzati e classificati da quest'altro software. Prima di importarli, occorre impostare il nome dell'osservatore o l'ID attribuito dal Solar Center e definire la directory in cui salvare i report una volta processati.Molto utile è l'indicazione della posizione nel grafico di eventali flares registrati dai satelliti  ( i trattini verde smeraldo con l'indicazione della classe di X-flares, osservabili nell' immagine qui sopra). Tali riporti sono però  disponibili solo a aprtire dal giorno successivo a quello della cattura.
Le linee rosse rivolte verso l'alto indicano l'orario del  sorgere del sole presso il sito di ricezione e la stazione monitorata.Quelle verticali il tramonto. In questo caso, essendo Saint'Assie ad ovest di Masera, la relativa freccia sarà la seconda di ogni coppia. La distanza temporale tra le due coppie aumenta fino al solstizio d'estate, dopodiché, decresce fino al valore minimo in occasione di quello d'inverno. Da qui la spaziatura comincia ad aumentare nuovamente.

Event Start: l'inizio del brillamento che a volte, a causa del fenomeno dell'interferenza distruttiva, si manifesta col collasso e non con l'ascesa del segnale. Se un evento inizia anteriormente all' event start, all' orario viene aggiunta la lettera E (before).
Event Maximum: Generalmente questo non è l'istante del picco di ampiezza del segnale ma quello in cui la curva ascendente ( o la discendente) iniza a diminuisce la propria pendenza.
Event End: Requisito non sempre agevole da determinare.E' l'istante in cui la traccia ritorna al suo trend diurno o è stata interrotta dall' instaurarsi di un nuovo evento SID.In quest'ultimo caso all' orario è aggiunta la lettera D (after).Tale orario è quindi anche l' event start del nuovo brillamento.
Nel caso la traccia vada fuori scala con l'approssimarsi del maximum oppure subisce contaminazioni o interruzioni ( ad esempio a causa dell' approssimarsi del tramonto, o di un crash del sistema) , all' ultimo orario sicuramente identificabile, è aggiunta la lettera U (uncertain).
Il parametro Importance è legato alla durata dell' evento (end time - start time). Viene calcolato in automatico in base alla seguente associazione:

Durata
Importance
< 19 minuti
1-
19-25
1
26-32
1+
33-45
2
46-85
2+
86-125
3
> 125
3+


Infine Definition indica il livello di confidenza della registrazione. Lo dobbiamo inserire scegliendo in una scala da 0 a 5, lasciandoci guidare dalla seguente associazione:


Confidenza
Definizione
Discutibile
0
Possibili
1
Probabile
2
Ragionevole
3
Ragionevolmente Certo
4
Certo
5

Merita poi menzione un interessante lavoro  del 2012 di Giancarlo Fissore e Federico Belliardo , due giovani studenti italiani che nel periodo frequentavano il  Liceo Scientifico delle Scienze Applicate (Lssa) presso l' Istituto Vallauri di Fossano.
I ragazzi, forti della loro partecipazione ad una precedente attività scolastica ( Sun Project), che con l'ID Italy-10 monitorava la stazione DHO-38, ebbero l'idea di scrivere un programma capace di separare efficacemente i segnali SID/SES dal rumore di fondo, attraverso un algoritmo basato sul metodo EMD o Empirical Mode Decomposition . Esso lavora decomponendo il segnale in funzioni chiamate Intrinsic Mode Functions (IMFs); il segnale viene spezzettato ma mantenuto nel dominio del tempo. Se le funzioni rimangono nel dominio temporale e si preserva la durata temporale del segmento originale, vengono conservate di conseguenza anche le variazioni di frequenza nel tempo. EMD si è dimostrato molto utile in relazione a segnali non lineari e non stazionari, come quelli naturali.Per certi versi si tratta di operazioni simili a quelle sui cui si basano le ben note FFT e la decomposizione wavelet. 
Come l'applicazione del metodo EMD in campo sismico, in cardiologia e nelle neuroscienze dimostra,  l'impiego di queste funzioni al mondo reale può far luce sui molteplici fattori che costruiscono un segnale, nello specifico instante in cui essi si innestano, e che spesso rimangono in ombra con il tradizionale tipo di analisi basata su FFT. Il lavoro dei brillanti ragazzi è stato salutato con entusiasmo anche dallo Stanford, che lo ha incluso nella letteratura ufficale del progetto SuperSID.Il software, scritto in Java e rilasciato solo per Windows ( su XP gira bene, ma non sui S.O successivi ) presenta qualche bug che purtoppo non verrà corretto, in quanto il progetto non è più mantenuto. La pagina col link per il download del software, è questa.

 


RASPBERRY P3






Partendo dall'esigenza di far girare il software di cattura degli eventi ionosferici ( e di altri progetti radio-astronomici) attraverso un dispositivo più affidabile rispetto al PC e ai vari Windows 7/8/10 ( sistemi operativi per cui è scritto il programma di cattura dello Stanford), operante nel più performante ambiente linux e a basso consumo , abbiamo voluto provare la ben nota piattaforma Raspberry Pi. Cioè l'economico computer sviluppato su di una single-board ( ma con illimitate possibilità di espansione) prodotto dalla Raspberry Pi Foundation allo scopo di promuovere con poca spesa le tecniche dell' informatica e della programmazione presso la popolazione studentesca e consentire ai privati motivati o all' industria la sperimentazione di soluzioni embedded ed idee innovative. L'ultima versione prodotta, la Pi3,  imbarca un processore quad-core ARM v8 Cortex A54 a 64 bit. La frequenza di lavoro è di 1.2 GHz , e la memoria RAM è pari ad 1 GB :  il lampone è oggi non più solo un'interessante piattaforma didattica ma un computer dalle prestazioni di tutto rispetto, estremamente funzionale alla raccolta dei dati provenienti da fonti esterne.E il resto naturalment lo fa linux. Attualmente, oltre a distribuzioni di  linux, come Raspbian (un derivato di Debian studiato per le caratteristihce del Raspberry) è possibile installarvi gratuitamente Windows 10 IoT ( sistema operativo che si innesta nella nuova filosofia operativa nota come internet delle cose). Quanto alla disponibilità software, Raspian offre già una nutrita suite operativa per ufficio, multimedia ed elaborazione matematica. I repository permettono poi di accedere a moltre altre librerie precompilate. Tra cui non figurano però sofware a cui siamo interessati noi.Chi possiede le competenze necessarie può scrivere il proprio programma in uno dei tanti lingiaggi supportati; altrimenti ci sono due alternative:




  • emulare l'ambiente Windows e verificare se il software funziona.Trattandosi di architettura ARM prima di tutto occorre emulare l'ambiente x86/x64 dei PC.Per fare questo abbiamo provato ExaGear, un software a pagamento quasi unico in questo genere.Attraverso la mediazione di questo si può successivamente installare Wine e quindi le applicazioni Windows. E' chiaro che questo dupplice collo di bottiglia, rallenta le prestazioni del piccolo Raspberry rispetto ad una compilazione nativa.Il già menzionato Spectrum Lab e SpectraVue, funzionano però egragiamente.Stessa fortuna non siamo riusciti a riscontrarla coI softtware di cattura di eventi SID,fornito col cd ed altro materiale promozionale, dalllo Stanford Solar Center.
  • Clonare software non concepito per tale piattaforma, sfruttando linguaggi di programmazione compatibili.L'interfaccia SuperSID, essendo scritta in Phyton e richidendo GNU Plot, ben si presta allo scopo.





Un ottimo lavoro in questo senso è quello compiuto da "ericgibert"  che  è stato testato con Rasberry di prima generazione, ma il tutto funziona egregiamente anche sul RB  Pi3.

Si  presuppone  di avere già installato il S.O Rasbian ( download immagine da Rapberry Pi Foundation , scrittura della  ISO su SD inserita nel reader di PC o Mac e inserimento di SD su Raspberry). 
Si presuppone inoltre di avere a disposizione una scheda audio usb.
Il dispositivo esterno si rende necessario in quanto tutti i Raspberry (Pi1,Pi2 e Pi3) pur disponendo dell'uscita altoparlanti, sono sprovvisti di una perfiferica di ingresso audio. Sul sito di uno dei maggiori distributori del lampone
Ve ne sono di molto economiche che comunque siano brandizzate, sono identiche a quella mostrata in figura,
dal costo di meno di 10 euro. La scheda, che pesa meno di 10 grammi, monta il chipset C-Media CM119, che è perfettamente supportato da AlsaProject in Raspian, di cui ci serviamo anche noi per l'input audio SID col Raspberry. Sul versante interfacce annovera porta USB 2.0 Full Speed a 12 Mbps che fornisce anche l'alimentazione due  jack audio stereo da 3,5 mm. Uno per l'ingresso microfono (che useremo per il progetto SuperSid), e l'altro  per l'uscita altoparlanti e cuffie ( per ascoltare cosa passa radio VLF!). Quando una fonte esterna è connessa ciò è indicato dall' intermittenza di un led verde, un led rosso ci avvisa che il microfono è stato disattivato  ( con l'apposito tasto o da proprietà audio di Win). Anche il volume di riproduzione può essere regolato direttamente dal dispositivo. Offre inoltre inutili preziosismi quali surround virtuale 7.1 ed audio 3D (AC3). Interessante è la sua compatibilità con qualunque S.O WIN ( a partire da Win98) ed naturalmente in Linux.

La prima operazione da compiere è  l' aggiorniamo  dal terminale del R.B dell'indice dei pacchetti dei repository e del  sistema:


$ sudo apt-get update
$ sudo apt-get upgrade



la portabilità del progetto SuperSID da Windows a Raspian è consentita dal comando clone:



$ git clone https://github.com/rrogge/supersid.git SuperSID
$ git remote add upstream https://github.com/ericgibert/supersid.git



il software originale è stato scritto con in mente un approccio multi-piattaforma.Per questo si è usato il lingiaggio python, di cui vanno installati i moduli:

$ sudo apt-get install python-matplotlib
$ sudo apt-get install python-alsaaudio



è stato scelto il driver alsaaudio, perché è quello che meglio si presta a ricevere i segnali in ingresso dalla scheda audio usb, che il Raspberry Pi3 riconosce immediatamente. Per il suo utilizzo con Pi di prima generazione, pare che le cose non siano così immediate e  a questo link si può trovare una guida molto utile su come procedere.

Per verificare se la scheda audio è riconosciuta, digitare


$ lsusb  e verfiicare la possibilità di modificare i livelli audio


Per verificare come è vista dal sistema la periferica, digitare il comando :
ls -l /proc/asound/



Altri comandi utili:


sudo date -s "Thu Aug  9 21:31:26 UTC 2012"
man date ---> per aggiornare a quella data il sistema
---------------------------------------------------------

sudo raspi-config ----> per accedere alla configurazione
----------------------------------------------------

dispositivi collegati -----> ls -l /proc/asound/
------------------------------------

lanciare supersid da terminale --->  ./supersid.py ../Config/supersid.nomestazione.cfg



Il Raspberry ( nemmeno le versioni P3 ) non possiede RTC. La scheda con batteria tampone come pc, può essere aggiunta. In mancanza e non disponendo connessione ad internet stabile:
sudo date -s "Thu Aug  9 21:31:26 UTC 2012" ciò va inserito ad ogni riavvio.
Per aiuto sulla sintassi digitare: man date

Se si dispone di connessione internet non occorre inserire data ed ora ad ogni riavvio:
sudo raspi-config ed entrare nel menu di internazionalizzazione.

NTP SERVER PER RASPBERRY

  Disporre di una fonte di aggiornamento dell' orologio di sistema è naturalmente essenziale in tutti i progetti che registrano dati del mondo fisico in funzione del tempo.Come anticipato, il prezzo da pagare nel produrre dispositivi compatti ed economici come il Raspberry, è generalmente l'assenza in questi del chip RTC
( real-time clock ) con la propria batteria autonoma. Parziale soluzione, oltre a quella vista sopra è ricorrere ad un pacchetto fake-hwclock che ogni ora e ad ogni riavvio del sistema scriva l'orario effettivo in un file di testo.Ma la soluzione migliore passa per la porta RJ-45 del lampone, che verrebbe quindi usata come un preciso generatore di tempo attraverso la sincronizzazione via server NTP. Si installa allora il pacchetto ntp con apt-get install ntp.
Qui sotto la suddivisione delle aree e gli host di riferimento del servizio di server NTP:


Area:                   HostName:
Worldwide           pool.ntp.org
Asia                    asia.pool.ntp.org
Europe                 europe.pool.ntp.org
North America    north-america.pool.ntp.org
Oceania               oceania.pool.ntp.org
South America    south-america.pool.ntp.org

Occorre selezionare il server più vicino a noi, perchè di default quello preimpostato è di solito distante dal luogo di impiego del dispositivo, con conseguente decremento della precisione della misura del tempo. La scelta può essere operata andando alla pagina pool.ntp.org , mentre per impostare il server ( o i server) opportuno/i occorre aprire il file di configurazione ntp e modificarlo; da terminale si lavora con nano /etc/ntp.conf
e si sostituiscono tutte le righe che contengono la parola "server".
Terminata la configurazione si riavvia il servizio con /etc/init.d/ntp restart .
 Se vogliamo elencare i server NTP a cui il Raspberry si sta sincronizzando digitare ntpq -pn .


E viene stampata a video una schermata del genere:


     remote           refid                    st t when   poll      reach   delay         offset                      jitter
==============================================================================
*81.27.192.20    195.113.144.238   2 u   26       64          1        58.571        0.797                    68.634
+93.185.101.74   195.113.144.201  2 u   25      64          1       42.282        -1.507                    0.477
+93.185.101.77   195.113.144.201  2 u   24      64          1       41.390        -1.544                    68.243
-91.216.168.42   178.238.46.152     3 u   23       64         1       43.510         1.010                    1.094


* sorgente del computo temporale,
+ backup time source,
- non rileva ma può diventare backup (+) senza preavviso.
Il primo indirizzo IP è quello dei server NTP
il secondo indica la sorgente del tempo per i sever NTP coinvolti
la terza colonna indica lo stratum. Si tratta di un numero da 0 a 15 (in ordine crescente di accuratezzadella misura) ed indica il numero di salti dal tempo di riferimento (GPS , orologio atomico, ecc...).
La lettera "u" indica che l'indirizzo dei server NTP è unicast ( pacchetti destinati ad un solo utente).
"When" indica i secondi trascorsi dall''ultima risposta del servizio.
"Poll" indica in secondi l'intervallo tra le richieste.
"Reach" indica se le chiamate al servizio sono state efficaci o meno.
"Delay" indica la latenza, cioè in quanti millisecondi si riceve una risposta.
 "Offset" è la differenza di computo in  millisecondi tra i server ntp  e l'orologio di sistema.
 "Jitter" differenza in millisecondi tra due campioni di tempo.

Per verificare ancora una volta che che tutto sia corretto si possono stampare a video da terminale data ed ora nello standard ISO 8601: date +"%FT%T%Z"




Si apprende infine cjhe NTP non imposta data ed ora se l'orario impostato è errato per più di 1000 secondi.Per superare questa restrizione: ntpd -q -g



Un'altra utile procedura, in relazione alla quale in rete si può reperire tutta la documentazione nececcaria,è quella che attraverso il servizio appena configurato, permette al  Raspberry di passare le informazioni di sincronizzazione a tutti gli altri dispositivi ( Windows,Mac ecc) nella rete locale a cui partecipa.


Il Raspberry può poi essere gestito a distanza. In un primo momento avevamo provato con Team Viewer, ma ciò richiede l'acquisto del software
Exagear di emulazione per architetture ARM,  attraverso cui si installa Wine e poi con questo lo stesso Team Viewer. Con tutti questi passaggi la macchina rallenta troppo e quindi ci si è affidati a soluzioni più semplici, gratuite e supportate nativamente come VNC e simili. Nel RSP si installa un server VNC, in Windows o da altro pc Linux si installa il clinet VNC. Si configurano indirizzo di rete ( che è meglio sia statico per una facile identificazione dell'unità), il tipo di protocollo, la password ed il gioco è fatto.  Raspberry è una piattaforma pensata per rimanere continuamente accesa, se quindi remotamente si chiude una  sessione del sistema operativo installato non potremo più riavviare la macchina se non andando in loco a staccare il connettore microusb di alimentazione e ridando corrente. Aggiungo infine che in queste pagine avevamo testato le prestazioni del processore in funzione della temperatura di esercizio, che veniva abbassta per mezzo di dissipatore e ventolina. Mentre il primo non portava alcun miglioramento significativo, la silenziosa ventola  a basso consumo, alimentata attraverso due contatti GPIO, poteva essere applicata a ragione.


Evento del 7 Agosto 2016

La prima importante cattura della stazione di Masera è stata ottenuta alla fine della prima settimana di Agosto 2016, quando un brillamento di classe M1.3 ha prodotto un andamento SID. Al loop magnetico erano stati intanto aggiunti altri 60 metri di cavo elettrico unipolare da 1,5 mm^2, e l'avvolgimento era così arrivato a circa 260 metri di lunghezza. In conseguenza di questo potenziamento, la stazione VLF più intensamente ricevibile da Masera è diventata HWU, localizzata sempre in Francia ma a Rosnay ( 46°42' N , 01° 14' E), trasmette ( soprattutto) a 21750 Hz.
E' quidi quest'ultima che ora tracciamo in via preferenziale rispetto alle altre due prescelte: FTA ( che comunque continua a fornire un segnale stabile e ripetibile) e Tavolara (ICV).




Il seguente grafico solido evidenzia ancora meglio il repentino mutamento del segnale di HWU intorno alle14.30 UT del 7 Agosto.



Ed il dettaglio mette in luce che in 7 minuti, l'intensità dello stesso è passata da quasi 20.000 unità  a 5000 unità. Come dimostrato dal raffronto coi dati di altre stazioni affiliate allo Stanford Solar Center, che monitoravano l'emittente francese,si tratta senza ombra di dubbio di un disturbo ionosferico di origine solare.



Per un riscontro degli eventi contenuti nei dati di stazione coi grafici prodotti dall'imager a raggi X del satelliti geostazionari GOES 13,14,15 andare qui. Sebbene questi satelliti traccino direttamente l'attività solare, mentre il monitor SID solo attraverso le modifiche indotte nella ionosfera, i dati rispettivamente ottenuti sono confrontabili tra loro.Per le informazioni in tempo reale sullo stato di salute dei satelliti e dei loro sottosistemi, andare qui.

Molto utile anche il riferimento al sito del satellite SOHO ( Solar and Heliospheric Observatory), ove si può consultare una vera miniera di dati real time sul ciclo solare in corso, su quelli passati e sulla meteorologia spaziale in genere. Contiene inoltre meravigliose immagini della nostra stella. Da qui consiglio di scaricare  JHelioviewer. Si tratta di un desktop software sviluppato in javascript da ESA e NASA, allo scopo di richiamare dai database e  visualizzare ben 15 anni di immagini della nostra stella (sono ad oggi più di 1 milione), riprese in varie bande da SOHO e dal SDO (Solar Dynamics Observatory) . Si possono così creare filmati  che evidenzino l'attività solare di un dato gionro o periodo.Vari parametri, come la compensazione della rotazione solare, permettono di migliorare l'esperienza di utilizzazione del software che risulta in sostanza un ottimo ed agile strumento di consultazione cui fare ricorso nel nostro monitoraggio SID.



Questo sito presenta mappe solari con la marcatura sismica delle regioni attive eandando a ritroso, permette di tracciare la dinamica di un evento fin dal suo sviluppo iniziale anche se ciò si verifica nel far side, l' emisfero solare non visibile dalla Terra.


I  dati raccolri dalla stazione SID di Masera, confluiscono sul server dello Stanford Solar Center ( monitor ID 194), nel database dell'AAVSO; stiamo inoltre cercando il modo migliore di presentare tali dati nella relativa  pagina real time  di questo sito.